Esattamente un anno fa non in molti avrebbero scommesso su Andrea Dovizioso (Ducati Team) come candidato alla vittoria finale. Invece è stato così, il romagnolo ha lottato fino all’ultima gara con Marc Marquez (Repsol Honda) tenendo aperto il sogno Ducati di tornare sul trono della classe regina dopo l’impresa di Casey Stoner nel 2007. Ma c’è molto di più.
Dopo un inizio di stagione segnato anche da alcuni zeri, il successo del Mugello, pista di casa per la moto di Borgo Panigale, è stato il trampolino di lancio del binomio tutto italiano verso la rincorsa dell’iride.
Dal GP d’Italia in avanti Dovizioso ha dimostrato di essere un pilota vincente arrivando a segnare un serie di gradini più alti del podio e arrivi nelle posizioni che contano, frutto della sua grande determinazione e della giusta proporzione tra il calcolo e l’istinto. Tanto si è parlato di questo aspetto del vicecampione del mondo, per altro ben stilizzato sul suo casco: il cavallo bianco e il cavallo nero, a rappresentare razionalità e irrazionalità che si miscelano in un carburatore mentale e infondono la giusta spinta fino al traguardo, fino alla vittoria.
Il cambio interiore di Dovizioso è cercabile però nella vittoria a Sepang del 2016. Arrivata dopo un lungo digiuno di sei stagioni, ha fatto nascere nel numero 4 un sentimento e una presa di coscienza da campione del mondo che lo ha portato per sei volte sul gradino più alto del podio (Italia, Catalogna, Austria, Regno Unito, Giappone e Malesia).
L’uomo Ducati ora è pronto a ripetersi e a segnare un grandissimo record per il motociclismo e per lo sport italiano. Se Dovizioso dovesse fare sua la corona della massima classe porrebbe fine al digiuno che dura da 46 anni di un binomio tutto italiano dominatore della cilindrata più grande. Era il 1972 e Giacomo Agostini vinse l’ultimo titolo in sella alla MV Agusta, un mito che solo nella classe regina può fregiarsi di sette corone iridate.