Anche la MotoGP™ ha il suo Usain Bolt

Nick Harris spiega perché Jorge Martin ha una dote che potrebbe rivelarsi decisiva nel campionato 2024

Le vittorie domenicali sono quelle che danno più gusto, oltre a fornire punti e prestigio. Lo sa bene Jorge Martin, che sulla GP24 del team Prima Pramac Racing a Le Mans ha fatto il pieno consolidando la sua leadership nella corsa al titolo. A ben guardare, a fare la differenza per lui sono state però le performance del sabato. Quelle nelle Tissot Sprint. 

Martin è l'indiscusso Usain Bolt della MotoGP™. Lo sprinter migliore del mondo, su due ruote. 

In classifica lo spagnolo ha ben 38 punti in più di Francesco Bagnaia, il primo degli inseguitori con i colori del Ducati Lenovo Team. Quanti punti ha raccolto Martin nelle Sprint del 2024? 50. E l’italiano? Molti meno, 14. 

Le Sprint sono brevi e a volte premiano chi si prende dei rischi: perfette, quindi, per lo stile e il carattere del numero 89. 

Lui è così dai tempi della Moto3™, dove le pole position gli sono venute presto e a raffica. Concretizzare in gara però era più difficile, per lo spagnolo. Si è sbloccato nel 2017, nell’ultimo round della stagione, corso a Valencia. 

Dodici mesi più tardi era il campione del mondo della classe cadetta. Domenica scorsa, in Francia, ha raccolto il settimo successo in MotoGP™. Delle 24 Sprint disputate finora nella storia del campionato, quindi nel 2023 e nell’avvio del 24, Martin ne ha vinte 12. La metà. Una quota impressionante davvero. 

Il format del sabato, dal canto suo, si è integrato alla perfezione nei fine settimana dei Gran Premi. Penso che sarebbe piaciuto anche ad alcuni big del passato, anche se non a tutti.

Anche Marc Marquez (Gresini Racing MotoGP™) mostra caratteristiche che ben si adattano a una corsa tarata su pochi giri. L'otto volte campione del mondo nella Sprint di Le Mans ha entusiasmato. Scattato tredicesimo, è subito passato sesto, poi si è fatto largo fino alla seconda piazza. Per lui, la terza medaglia d’argento della stagione. 

A mio avviso se la sarebbe cavata bene anche Valentino Rossi. Non ha mai avuto paura di rischiare, il nove volte iridato. Peccato che non abbia fatto in tempi a cimentarsi. Chissà come sarebbe andato. 

Nella Sprint, partire bene è fondamentale. In questo senso, uno degli assi era Daniel Pedrosa, ora tester KTM. L’iberico ha chiuso come vicecampione del mondo in tre stagioni: con le Sprint, forse, avrebbe fatto ancora meglio mettendo le mani almeno su un titolo. A Jerez, qualche settimana fa, ha corso da wildcard e nella Sprint è arrivato terzo. 

C’erano poi gli americani. I maghi della 500, e dopo di loro Nicky Hayden. Erano cresciuti su sterrati lunghi appena un miglio, dove occorre dare tutto subito e alla prima curva ci si presenta in venti e anche di più, vicinissimi, i gomiti larghi, la velocità attorno ai 120 km/h. 

Kevin Schwantz, Wayne Rainey, Kenny Roberts. Che piloti: nelle Sprint se la sarebbero cavata eccome. Insieme a loro Randy Mamola, uno che non si tirava mai indietro. L’australiano Garry McCoy: maestro delle derapate, tre GP vinti in 500 con uno stile da speedway. 

All'inizio della scorsa stagione, lo ammetto, non ero del tutto convinto dell’introduzione del nuovo format. Ma sono bastati un paio di sabati per farmi cambiare idea. Ora ne sono un grande fan. E poi, rendono il campionato più interessante. Quei dodici punti in palio possono fare la differenza. 

Dubbi? Chiedete a Usain Bolt.