Una classe regina all’insegna della grande lotta e dell’incertezza di risultati arriva al settimo appuntamento stagionale. Molte sono le novità a livello tecnico e molte, anche, le variabile meccaniche che possono fare la differenza tra vittoria e sconfitta come ad esempio la rottura del motore, il guasto più semplice e grave.
Il regolamento dice che i team (con restrizioni) possono montare un massimo di sette propulsori a una stagione, omologandoli con le diverse specifiche tecniche, prima dell’inizio del campionato. Un modo di evitare evoluzioni a stagione in corso. Superare questo tetto massimo, comporta la penalità della retrocessione all’ultima casella della griglia di partenza ogni volta viene omologato un altro motore. Il numero di motori non è per tutti lo stesso essendo ogni propulsore diverso per fabbricazione da marca a marca, ma le scuderie cambiano i propulsori di volta in volta. Normalmente solo i primi due motori ad inizio campionato sono sigillati mentre i successivi possono essere montati durante l’anno per far fronte ad eventuali guasti, modifiche e rotture.
La situazione dei motori al settimo GP della stagione. Quasi tutti i top rider hanno già usato dai tre ai quattro motori. Così i due alfieri Repsol Honda, Marc Marquez e Dani Pedrosa e Johann Zarco (Monster Yamaha Tech3) hanno montato il terzo motore. Danilo Petrucci e Jack Miller (Alma Pramac Racing) sono a quattro come Valentino Rossi e Maverick Viñales (Movistar Yamaha MotoGP) mente tre sono stati i motori usati da Jorge Lorenzo fino a questo momento e quattro quelli di Andrea Dovizioso (Ducati Team) che però ha rotto al Mugello.
Discorso uguale, ma con un massimo di nove propulsori a pilota per quelle scuderie che hanno concessioni: Suzuki, KTM e Aprilia, i loro piloti hanno già usato tre motori a testa.