L’addio di Valentino a Silverstone

L’ex telecronista MotoGP™ Nick Harris racconta con emozione l’ultima gara del nove volte campione del mondo di Tavullia sulla pista inglese

Il pellegrinaggio era iniziato alle sei e mezza di domenica mattina. Perfino prima che suonasse la sveglia riuscivo a sentire le moto che sfrecciavano sulla vicina A420. Saranno stati 35 chilometri da Silverstone ma l’esercito giallo era già in movimento.

Valentino Rossi, Petronas Yamaha STR, Monster Energy British Grand Prix

Nulla era cambiato rispetto alle nostre prime giornate nel mondo delle corse. Qualcuno era sempre in ritardo e 50 anni dopo era la stessa persona. Quando siamo arrivati al leggendario pub Green Man che si trovava a un paio di chilometri dall’ingresso di Silverstone il traffico si era fermato e si è iniziato a viaggiare in doppia corsia con le moto che correvano una dietro l’altra. Tutte le auto e tutte le moto facevano parte dell’esercito giallo. T-shirt, cappellini, bandiere e zainetti con un messaggio semplice e racchiuso in un numero: il 46.

Mentre lentamente ma in sicurezza ci facevamo strada avvicinandoci sempre di più all’ingresso mi sono ricordato di quei sandwich che mia mamma mi preparava sempre con grande amore per le giornate di gara. Li avrei mangiati prima di arrivare.

Il parcheggio sembrava essere distante dal circuito ma ci siamo uniti all’esercito giallo che ora proseguiva a piedi verso il suo traguardo. Abbiamo attraversato il ponte e una grande coda ci ha salutati. Questa era l’Inghilterra e nessuno si è lamentato. Nessuno ha saltato la fila e 40 minuti dopo ci hanno letto i biglietti e fatto entrare.

Poi abbiamo dovuto trovare lo spazio sull’erba di fronte alla tribuna all’entrata della curva Vale nella parte finale del circuito per incontrare il mio vecchio amico e uomo delle statistiche della MotoGP™ Martin Raines. C’erano tanti ostacoli umani che rallentavano il nostro progredire. Lunghe code che avevano bloccato il nostro percorso. La gente aspettava e si era preparata ad attendere del tempo per comprare per l’ultima volta i vari gadget firmati VR 46 godendosi un bell’hamburger con patate fritte.

Dopo grandi ricerche e diverse chiamate finalmente avevamo trovato il buon Dottor Raines seduto accanto a una famiglia con un'enorme bandiera 46 e una bandiera britannica in cima. Alcuni più furbi di me avevano comprato delle sedie pieghevoli, qualcosa che non avremmo mai considerato 50 anni fa. Ci siamo seduti per assistere a un pomeriggio di MotoGP™.

Solo in Inghilterra il vincitore della gara di Moto3™ Romano Fenati avrebbe ricevuto un applauso cordiale più appropriato al gioco del cricket prima del grande momento che si stava ormai avvicinando. 21 anni prima avevo commentato la prima vittoria di Valentino Rossi in una gara della classe regina in occasione del Gran Premio di Gran Bretagna disputato a Donington. Ora qui era alla sua ultima apparizione, nella terra che ha ospitato le prime gare del Campionato del Mondo nel 1949. Prima ancora che arrivasse alla curva Stowe nel corso del suo giro di schieramento la nostra zona sull’erba era diventata un mare giallo. Il numero 46 stava ricevendo l’ultimo grande applauso che si meritava da parte dei leali e affezionati tifosi britannici affamati di successi che lo avevano adottato come uno di loro da tanto tempo.

Questi tifosi britannici sono davvero unici e leali. Ogni volta che Jake Dixon è comparso in ultima posizione nel corso dei 20 giri in programma per la gara del suo esordio in MotoGP™ si sono alzati e lo hanno salutato calorosamente. Lo hanno incoraggiato e apprezzato come hanno fatto anche con il vincitore e leader della classifica iridata Fabio Quartararo. Valentino Rossi è arrivato nel suo giro di rientro ai box rallentando, per quello che è stato il suo ultimo giro di sempre in Gran Bretagna e a Silverstone. L’ultima volta che il Numero 46 ha calcato questo asfalto consacrato.

Alla curva Club ha fermato la sua Petronas Yamaha SRT e ha rivolto un caloroso ultimo saluto alla folla. Poi se n’è andato, andato per sempre.  

Mi è scesa una lacrima ma per favore non ditelo ai miei compagni.

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