Senza di loro, tutto questo non sarebbe mai accaduto

Per celebrare i 75 anni del campionato del mondo, Nick Harris va alle origini: bentornati al 1949, fra caschi a scodella e tute nere

Grinta e fame agonistica, probabilmente, erano gli stessi. Il resto - tutto il resto - invece no. Se sulla griglia dell’appuntamento della MotoGP™ corso in Qatar una decina di giorni fa ci fossero stati i piloti di un tempo - caschi a scodella e tute nere - cosa sarebbe successo?

Sono passati 75 anni, dalle loro gesta. Loro - i piloti - protagonisti di un campionato del mondo a meno di quattro anni dalla fine della guerra più devastante a cui il mondo avesse mai assistito. Una mossa coraggiosa, secondo alcuni impossibile. 

Nel conflitto armato erano stati coinvolti sei Paesi europei: vicende aspre, drammatiche, costate centinaia di migliaia di vite. 

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Il primo Mondiale, distribuito su sei prove, iniziò in giugno sull’Isola di Man, al TT. Avrebbe toccato Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Svizzera, Irlanda e Italia. Cinque le classi: 125, 250, 350, 500, sidecar. Dal primo rombo a oggi, un filo intrecciato di passione, mai intaccato, lungo 75 anni.

A monte c’era un lungo digiuno, per i marchi ma soprattutto per i piloti. Dieci anni senza gare internazionali. Per loro destini diversi: alcuni avevano pagato il prezzo più alto, indossando la divisa senza mai tornare a casa. Altri avevano combattuto e poi erano tornati in patria per proseguire con le loro carriere sportive, impostate negli anni Trenta e poi sospese a causa del conflitto.

Les Graham, il primo campione del mondo della 500, fu insignito della Distinguished Flying Cross per il coraggio dimostrato pilotando un bombardiere Lancaster, nel 1944. 

Harold Daniell vinse il primo round del campionato del mondo della classe regina in sella a una Norton: l'ingresso nelle forze armate gli era stato negato per dei problemi alla vista.

Per i piloti della penisola, nell’atto inaugurale del TT, fu dura. In precedenza l’Isola di Man aveva ospitato un campo per prigionieri di guerra italiani. Nelle corse, poi, la luce in fondo al tunnel: Bruno Ruffo vinse il Mondiale della 250 in sella alla Moto Guzzi, per un binomio tutto tricolore. Nella 125 Nello Pagani conquistò il titolo per la Mondial nell'ultimo round, a Monza. 

La palma iridata della 350 andò a Freddie Frith, sulla Velocette. Fra i sidecar si affermò la coppia britannica formata da Eric Oliver e Denis Jenkinson.

Nemmeno i costruttori, reduci dagli effetti della guerra, ebbero vita facile. Molte fabbriche britanniche erano state danneggiate dalle bombe tedesche. Nelle corse c’era una risorsa: i successi internazionali garantivano una buona pubblicità. Sul fronte tecnico, lo sviluppo si era fermato ma era pronto a ripartire. Il cambiamento più importante fu la messa al bando dei motori sovralimentati. Per il resto, rispetto agli anni Trenta era quasi tutto uguale. 

Mancavano però i marchi tedeschi, come la BMW, che nel 1939 al TT fra i sidecar aveva dominato. Ma il loro Boxer Supercharged non poteva più partecipare. Nella 500 le moto inglesi erano davanti, ma quelle italiane si avvicinavano. Su tutte Gilera, iridata nel 1950.

Che storia incredibile. Domenica prossima, quando i piloti si schiereranno a Portimao, chiudete gli occhi. Pensate ai pionieri. Ricordateli. Salutateli. Senza di loro, nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto.