Non si finisce mai d’imparare dai Gran Premi

La vittoria di Brad Binder ricorda a Nick Harris, ex commentatore, un evento del 1980 con un altro pilota sudafricano come protagonista

Il viaggio memorabile di Brad Binder entrerà nei libri di storia e poi la sua intervista televisiva immacolata e tranquilla con Simon Crafar al parco chiuso di Brno mi ha fatto sorridere. I ricordi mi hanno portato ad un altro grande campione del mondo sudafricano, quando la gara si svolse sul circuito stradale di Brne al mio apprendistato come cronista inviato ai circuiti. 

Quarant’anni fa, viaggiai per raccontare il Gran Premio di Cecoslovacchia sul vecchio circuito stradale di Brno. Era la mia prima stagione come inviato ed ero entusiasta, molto entusiasta, troppo entusiasta. C’era grande interesse per la gara della 350cc, la penultima prova del Campionato. Fu una lotta tra il pilota sudafricano Jon Ekerold e il talentuoso tedesco Toni Mang. Il soldato semplice Ekerold arrivò al circuito stradale di 10.920 km in un pomeriggio soffocante con 14 punti di vantaggio in campionato. Non fu facile per un sudafricano ottenere il visto per correre in Cecoslovacchia. I suoi due meccanici della Bimoto Yamaha si erano visti rifiutare l’ingresso e lui è riuscito ad ottenere un visto prezioso solo perché aveva ereditato il passaporto norvegese da suo padre. Ekerold era il più quotato per la vittoria del titolo mentre inseguiva il leader della corsa Mang in mezzo ai villaggi, ai campi di grano e alla foresta. Improvvisamente il Campione eletto cominciò a rallentare. Più tardi scoprì che quel rallentamento era causato da un anello del pistone che si era rotto. Scivolò fino al decimo posto e la vittoria di Mang garantì alla coppia di contendenti di arrivare al round finale, in Germania, a pari punti. 

Io arrivai per primo con penna e quaderno in mano, mentre Ekerold zoppicava verso il box e si toglieva il casco. Altri colleghi con un po’ più di esperienza aspettarono che la polvere si depositasse. Io invece mi tuffai, mentre Jon si stava ancora togliendo il casco, con una domanda sul perché avesse rallentato e su come si sentisse a non aver vinto il titolo mondiale. La sua risposta non era pubblicabile e mi disse chiaramente che cosa pensasse di me. 

Una settimana dopo, guidai fino a un luogo iconico per la finale del Campionato del mondo della 350cc. Il circuito stradale del Nürburgring, annidato nelle montagne dell’Eifel. Mentre entravo nel paddock, Jon Ekerold mi aspettava al cancello. Ero pronto per un’altra tirata d’orecchie, invece si scusò per il suo sfogo, disse che era fuori di sé e che stavo solo facendo il mio lavoro e mi strinse la mano. Poi uscì per produrre una cavalcata di puro genio e coraggio che bisognava essere lì per apprezzarlo. La sua vittoria su Mang gli valse quel titolo mondiale e mi lasciò ricordi che non dimenticherò mai. Il suo ultimo giro tra gli alberi e le barriere che costeggiavano i 22.835 km di superficie in degrado fu uno dei più grandi a cui abbia mai assistito. Il tempo del suo ultimo giro gli sarebbe valso il secondo posto sulla griglia di partenza della 500cc e lo avrebbe visto al quarto posto nella gara della massima categoria. 

Questa domenica si va in Austria. Ho amato tanto la vecchia Salzburgring come negli ultimi anni il pittoresco scenario che abbraccia il Red Bull Ring. Il Salzburgring era speciale soprattutto guardando le gare delle 500cc raggiungere una velocità così alta. È stato l’anfiteatro per eccellenza per i piloti che hanno dimostrato non solo le loro abilità, ma anche il proprio calibro e coraggio. Un piccolo ruscello alpino passava tra gli alberi davanti al centro media e una famiglia gestiva il servizio di comunicazione, facendo pagare prezzi esorbitanti. La madre, il padre e soprattutto la figlia erano sconvolgenti e non c’era alcuna possibilità di archiviare i documenti. 

Nel 1983, Kenny Roberts stava lottando come un vero campione per riconquistare il titolo mondiale che l’ultima volta che se lo era aggiudicato tre anni prima. Fu il sesto Round quello cruciale per la lotta con Freddie Spencer al Salzburgring. Se avesse vinto, ero d’accordo con la Yamaha che il presentatore della BBC Radio da Londra l’avrebbe intervistato in diretta alla fine del suo giro d’onore, prima che salisse sul podio. Kenny rispettò alla perfezione l’accordo. Una classica vittoria di sei secondi su Eddie Lawson e si fermò davanti a me, si tolse il casco e si mise le cuffie, pronto per parlare con la BBC. Purtroppo, i londinesi non avevano capito la situazione. Invece di collegarsi direttamente con Kenny, gli chiesero se gli sarebbe dispiaciuto aspettare un paio di minuti perché stavano dando un aggiornamento sulle partite che si stavano svolgendo sui campi di cricket nazionali. Kenny aveva appena completato 131,440 km a più di 190 km/h ma non aveva perso quel ineguagliabile senso dell’umorismo. Chiese loro se quelle fossero le partite di cricket che possono durare cinque giorni e finire comunque in parità. Kenny aspettò e alla fine l’intervista col vincitore fu completata. 

Quattro decenni dopo sto ancora imparando.

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