Com’è stato per Rins vedere Mir conquistare il titolo?

Manu Cazeaux, Crew Chief del catalano, racconta ciò che ha significato condividere il box col neocampione e svela i piani per il 2021

Una nuova stagione sta per iniziare col primo appuntamento ufficiale: il Test in Qatar in programma a marzo. Suzuki si presenta dopo aver condotto la propria migliore annata degli ultimi 20 anni vantando il campione del mondo in carica, il terzo classificato e il titolo a squadre.

Com’è noto, la politica della casa di Hamamatsu è quella di sostenere entrambi i piloti affinché trovino un equilibrio di sana competizione che li porti ad ottenere risultati sempre migliori. Nel 2020 questa filosofia ha ripagato visto che Joan Mir è diventato campione del mondo e Alex Rins si è assicurato la medaglia di bronzo. Ma, l’ultimo gradino del podio iridato non è stato un risultato facile da accettare per il pilota di Barcellona, così come spiega il suo Crew Chief, Manu Cazeaux: “È stato difficile vedere Joan vincere il titolo ma Alex lo ha accettato. Ha valutato la stagione segnata da episodi come l’infortunio a Jerez, poi ha avuto la possibilità di tornare ma non ne abbiamo approfittato”.

La politica Suzuki affida quindi alla coppia Rins-Cazeuax la ricerca della propria messa a punto piuttosto che affidarsi ad eventuali fattori esterni: “Se ci sono pezzi nuovi, sono per entrambi i piloti. Nel team abbiamo deciso di essere molto trasparenti, la condivisione dei dati è al 100% anche le analisi sono condivise e questo è un metodo che garantisce l’evoluzione”.

Alex Rins, Team Suzuki Ecstar, Grande Prémio MEO de Portugal

“Se le regole del gioco sono chiare, non si cercheranno scuse all’esterno ma si guarderà dentro il proprio box. Anche se fossero in lotta per il Campionato uno contro l’altro, Suzuki manterrebbe le regole chiare. Fino ad ora, non c’è mai stata una vera lotta tra i nostri due piloti, forse nel 2018, tra Andrea Iannone e Alex, erano vicini in classifica ma non in lotta per il titolo. Spero che verranno sempre mantenute queste regole”.

Per tutta la stagione 2020 le prestazioni delle due Suzuki nelle qualifiche non sono state convincenti e abbiamo spesso visto i suoi piloti partire dalla seconda metà dello schieramento, un aspetto che Cazeaux riconosce e analizza quanto fatto dal suo pilota: “Non sente la pressione della gara. Da sempre il meglio la domenica. Il nostro problema l’anno scorso è stato partire molto indietro, quindi Alex non poteva vincere la gara. In molte occasioni aveva il ritmo per vincere o almeno per salire sul podio ma passava troppo tempo a sorpassare e arrivava 5° o 6°. Questo è qualcosa che sappiamo di dover migliorare”.

“Sono davvero convinto che risolveremo questo problema e saremo competitivi in qualifica, anche l’anno scorso abbiamo mostrato segni di miglioramento. Al GP di Teruel per esempio ha trovato la fiducia per attaccare in qualifica ottenendo la prima fila perché aveva la velocità per farlo. Dobbiamo costruire la prossima stagione su quelle prestazioni”.

La GSX-RR ha comunque attirato l’attenzione di altri costruttori che hanno applaudito Suzuki per aver reso semplice una moto tecnica e Cazeaux ricorda quando, insieme al suo team, ha apprezzato per la prima volta la bellezza di questa moto: “Quando sono passato in Suzuki nel 2014, c’erano anche due meccanici che hanno fatto la stessa mossa e sono ancora con me. Era la domenica dopo il GP di Valencia, questi due ragazzi si sono seduti per terra e hanno guardato la moto per ore. Alla fine mi sono avvicinato e ho chiesto loro cosa stessero guardando e mi hanno detto: ‘incredibile, tutto è al posto giusto’. Erano stupiti. È una moto semplice ma tecnologicamente al limite. Di solito, la soluzione più semplice dà le migliori prestazioni”.

Cazeaux ha anche condiviso la sua opinione rispetto alla possibilità di avere una squadra clienti: “Sono sempre stato propenso ad avere un team satellite. Certo, è difficile per la fabbrica perché implica più lavoro ma penso che i vantaggi di avere un team satellite siano maggiori dei costi per ragioni tecniche, sportive e penso che, prima o poi, per diventare un progetto più grande dovremo avere quattro piloti”.

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