Il GP del Qatar ci ha consegnato la splendida vittoria di Andrea Dovizioso (Mission Winnow Ducati) che ha battuto in un emozionate duello Marc Marquez (Repsol Honda) e ha contribuito a rendere l’esordio del campionato un grande spettacolo. Il risultato in pista però, ad oggi non è stato confermato, vista la protesta di quattro case (Honda, KTM, Suzuki ed Aprila) al Pannello di Commissari. I quattro costruttori accusano Ducati di aver montato un pezzo irregolare sulla moto del vincitore, parte che secondo loro darebbe benefici aerodinamici contro il regolamento e che era già stata usata nei test, anche da Danilo Petrucci, collega di box del forlivese, e dal pilota satellite Jack Miller (Alma Pramac Racing). Un pezzo, che aveva già avuto una approvazione tecnica e già visto su altre moto. I Commissari hanno respinto l’esposto dei quattro costruttori che sono tornati all’attacco appellandosi alla Corte d’Appello FIM. La decisione che pesa sul successo in pista di Desmo Dovi, sarà presa prima del prossimo GP a Termas de Rio Hondo il 29 di marzo. Luigi Dall’Igna (Direttore Generale Ducati Corse), in una intervista, ha parlato di questa situazione:
Ora bisognerà aspettare la corte d’appello della FIM. Siete rimasti sorpresi?
“Siamo molto perplessi, soprattutto per le modalità con cui tutto questo è successo. Prima del Qatar tutte le varie discussioni sul regolamento tecnico, e ce ne sono state tante, sono sempre state affrontate e risolte nelle sedi opportune, o all’interno della MSMA (Motorcycle Sports Manufacturers' Association, ndr) o coinvolgendo con la MSMA il Direttore Tecnico del Campionato. Questa è la prima volta che alcuni team decidono di fare un reclamo contro un’altra squadra sulla base di un dubbio tecnico. E’ un comportamento che segna una evidente differenza rispetto al passato, una differenza negativa. E’ stato messo in discussione il Direttore Tecnico ( Danny Aldridge, ndr) del Campionato, che è l’unica entità che per regolamento FIM può decidere se un particolare montato sulla moto è legale oppure no. Così si rischia di far diventare la MotoGP ‘un far west nel quale si è anche ammazzato lo sceriffo’. Si rischia di avere un ricorso ad ogni gara”.
Le quattro Case hanno messo in discussione l'operato del Pannello dei Commissari, Le quattro case così facendo tolgono potere anche a questo organo giudicante?
“Ovviamente sì. Per prima cosa hanno messo in discussione il ruolo del Direttore Tecnico, poi hanno messo in discussione il primo pannello giudicante, essendo subito ricorsi in appello quando il loro reclamo è stato respinto. Questo dà l’idea di una sfiducia completa verso l’operato della Federazione”.
Che cosa vi aspettate dalla Corte d’Appello della FIM?
“Noi siamo tranquilli che il nostro operato rispetti perfettamente il regolamento tecnico. Siamo convinti e fiduciosi che anche in appello ci verrà data ragione”.
Con Honda un 2018 di collaborazione e buoni rapporti, perché questo cambio di atteggiamento?
“Fino al Qatar i nostri rapporti con Honda sono sempre stati corretti. Tutte le volte che c’era un problema tecnico, questo veniva discusso ed analizzato nelle sedi predisposte per farlo: nelle riunioni della MSMA piuttosto che durante incontri tra la MSMA e il direttore tecnico del campionato. Per noi è questo il modo corretto di affrontare i problemi tra i costruttori. Evidentemente in Qatar quattro costruttori hanno deciso di cambiare approccio e quello che ci sorprende di più è il comportamento della Honda che insieme a noi e Yamaha è uno dei “padri fondatori” del campionato, perché ha sempre partecipato sin dall’inizio dell’era quattro tempi nel 2003 e invece ora ha deciso di cambiare atteggiamento, di fatto sfiduciando la Federazione”.
Riguardo alle altre case: Suzuki, KTM e Aprilia. Perché pensa lo abbiano fatto, abbiano seguito Honda facendo cartello?
“Non so se il loro è stato un seguire o un precedere. Su KTM e Aprilia faccio abbastanza fatica a capirlo. E’ più comprensibile la decisione dei nostri più diretti avversari in gara e in campionato”.
Yamaha ha scelto di stare fuori. Avete parlato con loro?
“Non abbiamo parlato con Yamaha e non sappiamo per quale motivo non abbiano voluto partecipare a questo reclamo. Forse perché Yamaha pensa come noi che sia più corretto affrontare queste questioni in un altro modo, ma è una domanda da fare a loro”.
Nel caso che la Corte dia ragione al cartello, c’è la possibilità di ricorrere al CAS (Corte Arbitrale dello Sport). Avete pensato di poter arrivare a quel punto?
“All’interno della FIM i gradi di giudizio finiscono alla Corte d’Appello. Dopo si deve andate al CAS, che è il tribunale sportivo arbitrale, ma in questo caso si esce dal perimetro della Federazione, e non è mai un bel segnale per il nostro ambiente. Noi siamo sereni perché convinti di essere stati corretti ed avere rispettato il regolamento e non vediamo i motivi per cui la corte d’appello dovrebbe decidere in modo diverso”.
Il pensiero di moltissimi tifosi è ‘non mettiamo la Var e varie moviole al MotoGP™’ e torniamo alla grandezza dei piloti nonché all’ingegno (genio) delle Case. Lei che cosa dice a questi appassionati un po’ spiazzati da quanto sta succedendo?
“Io la penso come loro. Non ci vedo nulla di strano nell’evoluzione naturale di una motocicletta. Da quando lavoro nel motorsport e anche da prima, quando lo vivevo come appassionato, l’ho sempre visto come un evolversi continuo di soluzioni tecniche spesso innovative. È la bellezza di questo sport insieme al talento e allo stile di guida di tanti piloti che hanno fatto la storia del motociclismo, compresi Dovizioso e Marquez che domenica a Losail hanno dato vita ad una battaglia incredibile e ad uno spettacolo stupendo. Anche a noi, come a tutti i tifosi, piacerebbe poter parlare solo di questo”.