The Italian job

L'ex telecronista della MotoGP™ Nick Harris rievoca i decenni passati caratterizzati dalle Case giapponesi, ora in un momento difficile

54 anni fa la storia del Campionato del Mondo di velocità venne scritta sulla sponda dell’Adriatico in Jugoslavia anche se nessuno all’epoca lo avrebbe creduto. Soltanto dopo un altro dominio Ducati nella gara della MotoGP™ domenica al Sachsenring è stato chiaro come quanto questa sia diventata una questione italiana. Domenica al via dei 30 giri in programma incredibilmente abbiamo visto solo tre moto giapponesi. Mai così poche in top class dal 7 settembre 1969. Soltanto un anno fa l’allora campione del mondo Fabio Quartararo al Sachsenring portava Yamaha a conquistare quella che al momento è la sua ultima vittoria in MotoGP™. Alex Rins ha tenuto alta la bandiera giapponese vincendo con Suzuki a Phillip Island e Valencia. Suzuki ha lasciato la MotoGP™ ma Rins ha continuato a tenere alta la bandiera giapponese con il team LCR Honda con il quale ha vinto ad Austin. Per sei lunghi decenni le Case nipponiche hanno dominato la scena.

Alex Rins, LCR Honda Castrol, Red Bull Grand Prix of The Americas
 

12 mesi fa sarebbe stato impensabile di vedere al via di una gara della MotoGP™ appena tre moto giapponesi. Infortuni a piloti chiave come Marc Marquez, Joan Mir e Rins li hanno costretti a uno stop forzato ma bisogna tornare indietro di ben 54 anni per trovare ancora meno moto giapponesi alla partenza di una gara della classe regina. Nell’ultimo appuntamento della stagione 1969 nel Campionato del Mondo classe 500 cc l’australiano Terry Dennehy fu l’unico pilota a prendere parte alla gara del Gran Premio dell’Adriatico in sella a una moto giapponese. Reduce dal quarto posto nel penultimo Gran Premio di quell’annata a Imola, arrivò sul tracciato stradale di Opatija lungo sei chilometri per disputare i 29 giri in sella alla Honda che aveva convertito da una CB450 cc stradale. Purtroppo in quella gara in Jugoslavia si ritirò e terminò quella stagione al 12° posto in classifica. L’australiano non fu il solo pilota in sella a una moto giapponese a prendere il via ma fu anche l’unico su una moto giapponese ad andare a punti nei 12 Gran Premi di quella stagione.

I 174 chilometri di quella gara segnarono la fine di un’era. Il britannico Godfrey Nash conquistò la sua unica vittoria in sella a una Norton monocilindrica. Per la Casa britannica quella fu l’ultima vittoria e lo stesso dicasi anche per una monocilindri nella classe regina. Norton aveva vinto 41 gare tra 350 e 500 cc ed ebbe un ruolo davvero importante in quegli anni per lo sviluppo del Campionato del Mondo.

Nel 2003 Honda, con Valentino Rossi in testa, occupò le prime cinque posizioni nel Gran Premio di Rio. 20 anni dopo è stata imitata da Ducati, con Jorge Martin che ha vinto in Germania. Nelle ultime 33 gare in MotoGP™ Ducati ha sempre piazzato almeno un pilota sul podio e in questa stagione ha già vinto sei gare, la metà dei successi conquistati l’anno scorso. Mettiamoci un paio di Tissot Sprint andate a Brad Binder su KTM e possiamo immaginare quanto debbano lottare per le Case giapponesi per tornare al vertice.

Rossi
 

Honda o Yamaha si trovano più o meno nella situazione in cui si trovava Norton mezzo secolo fa. Gettare la spugna non è nella loro cultura né nella loro tradizione. Torneranno sul gradino più alto del podio ma ci sono dei segnali che ci fanno pensare possa trattarsi di una lunga attesa.

 

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