Fra rimonte e imprese che sembravano impossibili, la MotoGP™ ci ha abituati a tutto. Ma nonostante questo: il ritorno di Marc Marquez (Gresini Racing MotoGP™), sul gradino più alto del podio domenica scorsa ad Aragon a tre anni dall’ultimo acuto, è stato il più grande di questi 75 anni di campionato?
Come lui, in passato hanno affrontato infortuni terribili anche Mick Doohan e Barry Sheene, che hanno rischiato di perdere le rispettive carriere e in alcuni casi la vita. Non solo sono tornati a correre: dopo averlo fatto, hanno vinto prima gare e poi titoli.
Tra il successo nel Gran Premio dell’Emilia - Romagna del 2021 e quello di Aragon di qualche giorno fa, Marquez ha atteso 1.043 giorni, alcuni dei quali caratterizzati da dolore e disperazione. Qualcuno, prima di lui, ha aspettato anche di più: per Phil Read i giorni sono stati 3.200. Questo calcolo riguarda solo la classe regina, però: ai suoi tempi era normale correre in più categorie, e in quelle minori il britannico ha comunque raccolto dei successi. Nemmeno pochi, in realtà.
Doohan e Sheene non hanno aspettato tanto quanto Read. Ma l’hanno fatto con particolare intensità.
Partiamo dall’australiano: a un certo punto, nel 1992, il titolo iridato per lui sembrava cosa fatta, tanto stava dominando. Dopo sette gare, in sella alla Honda ufficiale, aveva fatto centro cinque volte. Quando si è presentato ad Assen aveva un margine di 53 punti sul primo degli inseguitori. In una sessione di qualifiche costellata dagli incidenti, è caduto rompendosi tibia e perone della gamba destra.
Ero al centro medico, quando ha deciso di farsi operare nell'ospedale locale. Sperava di tornare in sella di lì a 15 giorni, per il Gran Premio d'Ungheria. L'operazione è andata bene, con l’applicazione di alcune placche. Poi, però, le complicazioni: il piede nero, la puzza di carne in putrefazione. Una delle possibili soluzioni: amputare la gamba.
A salvare Doohan è stato il dottor Claudio Costa, protagonista di un'avventura decisamente rocambolesca: ha fatto uscire l'australiano dall'ospedale di nascosto, portando con sé anche Kevin Schwantz, che si era rotto un avambraccio e lussato un’anca.
Poi via verso l’Italia per fare tappa a Imola, dove viveva il dottore, che con le sue cure ha salvato la gamba di Doohan. Certo, non è stato semplice: a un certo punto, per cercare di ripristinare la circolazione nella zona malandata, gli ha unito le due gambe insieme. Alla fine, grazie anche a delle cure negli Stati Uniti, l’australiano è tornato a correre.
L’ha fatto prima della fine della stagione 1992, nel penultimo appuntamento del calendario, in programma in Brasile. Quando si è ripresentato, Doohan era ancora primo in classifica, di 22 lunghezze il suo vantaggio. Alla fine, però, si è dovuto arrendere: il titolo, per quattro punti, è andato a Wayne Rainey.
Dall’anno dopo l’australiano si è rifatto con gli interessi, lanciandosi verso la conquista di cinque Mondiali di fila nella classe regina.
Anche Sheene se l’è vista brutta. È successo a Daytona nel 1975, quando ha fatto un bel volo. Io ero negli Stati Uniti: ho raggiunto la Florida in autobus da New York. C’era una troupe televisiva, a seguirlo. Così, dal letto dell’ospedale, lo si può ancora guardare mentre elenca le ossa rotte: femore destro, braccio destro, diverse vertebre. Per non parlare poi della pelle che mancava.
Quando sono state trasmesse in Gran Bretagna, quelle immagini hanno trasformato Sheene in un idolo nazionale. Sette settimane dopo era alla guida, due mesi più tardi ha vinto ad Assen. È diventato campione del mondo della 500 nel 1976, ripetendosi nella stagione successiva.
Ora che Marquez è tornato a vincere, la domanda viene naturale: arriverà anche per lui, un altro Mondiale? Sarebbe il nono. Difficile da conquistare già quest’anno. Ma dal prossimo, chissà.
All’orizzonte ora ci sono due Gran Premi che si correranno sulla stessa pista, Misano. Lì il 31enne spagnolo ha fatto bene in passato. Sette le sue vittorie nelle diverse classi, compresa quella del 2021 nel GP dell'Emilia - Romagna. L’ultima, prima di domenica scorsa.
Tornando infine alla domanda iniziale, forse era sbagliata. Difficile dire quale sia il ritorno al successo più epico di sempre. In fin dei conti, sono tutti speciali. Ognuno a modo proprio.