Capirossi e Stoner hanno messo le basi per il dominio delle rosse

Nick Harris, ex voce della MotoGP™ in cabina di commento, analizza il percorso che ha portato Ducati a quota 100 vittorie

Non potevano che essere italiani. Con la loro passione, l’orgoglio, tutto. Il rosso brillante portato in pista domenica scorsa, quando Ducati ha celebrato la sua centesima vittoria in MotoGP™. A Misano, una pista di casa. Con un pilota romagnolo in sella, Enea Bastianini. Una cornice perfetta per un traguardo storico, che ha combaciato con il giorno della conquista del titolo costruttori 2024, il quinto di fila per Borgo Panigale. L’unico neo della giornata: la caduta di Francesco Bagnaia, compagno di squadra del vincitore della gara nel box del Ducati Lenovo Team. 

A Suzuka, nel 2003, qualcosa del genere non se l’immaginava nessuno. Nell’appuntamento che ha segnato l’inizio del percorso del marchio emiliano in MotoGP™, la tragedia di Daijiro Kato, che ha perso la vita in pista mettendo in ombra tutto il resto, compreso il podio ottenuta da Loris Capirossi sulla Desmosedici, con il suo motore V4 alloggiato in un telaio a traliccio. 

Nel secondo round del campionato, in Sudafrica, l’italiano è partito dalla prima fila. Mica male.

A Jerez, poi, ancora meglio: Capirossi in pole per il terzo atto iridato, il compagno di squadra Troy Bayliss subito dietro, secondo. 

Per assaporare il gusto della vittoria è servito un po’ di più. Ma nemmeno tanto. Barcellona, sesto round del campionato: Capirossi ha tagliato il traguardo prima delle Honda di Valentino Rossi e Sete Gibernau. Un pilota italiano su una moto italiana: non succedeva da 27 anni. 

Nel 1958 Alberto Gandossi aveva vinto due GP e chiuso secondo nella classifica mondiale. Ma non nella classe regina: era la 125.

Un anno più tardi Mike Hailwood era diventato il più giovane vincitore di un Gran Premio: l’aveva fatto in sella a una ottavo di litro Ducati, nel GP dell'Ulster.

Nel 1971 e 72, poi, per la realtà italiana un assaggio della 500 con Bruno Spaggiari: il miglior risultato è stato un podio a Imola dietro alle MV Agusta di Giacomo Agostini e Alberto Pagani.

Tornando a tempi più recenti, fra il 2005 e il 2007 Capirossi ha vinto per tre volte di fila sul circuito di casa dei marchi nipponici che la facevano da padroni nella classe regina, a Motegi. Mandando un chiaro messaggio.

In quel periodo, e per la precisione nel 2006, Capirossi sembrava poter puntare al bersaglio grosso. Ci si è messo di mezzo però un incidente in partenza nella gara corsa a Barcellona, che ha compromesso tutto. Nell’ultimo round della stagione, a Valencia, Troy Bayliss ha vinto la corsa con Capirossi secondo.

Poi l’arrivo di Casey Stoner, che nel 2007 ha spazzato via la concorrenza e messo le mani sul Mondiale. 

Casey Stoner, Japan 2007
Casey Stoner, Japan 2007

Che accoppiata, quella formata dall’australiano e dalla Ducati 800, visto il cambio tecnico che aveva ridotto la cilindrata dalle precedenti 990.

Dieci i GP vinti quell’anno. Tanto lo spettacolo: basta ricordare la Ducati numero 27 con lo pneumatico posteriore Bridgestone che fumava in derapata. Da enciclopedia. Solo Giacomo Agostini, Mick Doohan e Rossi hanno vinto più Gran Premi in una sola stagione.

Stoner è stato il primo pilota dell'era MotoGP™ a stare in testa in ogni giro per tre gare consecutive, stabilendo un record di 18 piazzamenti a punti in una singola stagione. Il talento dell’australiano, la tecnologia del reparto corse emiliano: una combinazione bomba. Dal 2008 Stoner ha vinto altri 13 Gran Premi sulla Ducati. Nel 2011 è passato alla Honda e ha vinto subito il titolo. 

Con il successo numero 100 Ducati varca una soglia sorpassata, in precedenza, solo da Honda e Yamaha, se si considera l’era MotoGP™. Quest’anno vincerà probabilmente anche il titolo piloti e fornirà le moto della struttura che sarà prima fra i team.

Quando finirà il suo dominio? Chi lo sa. Sulle basi messe da Capirossi e Stoner, di strada ne ha fatta. E ne farà ancora.