Gli occhi sulla pista, il cuore a Valencia

I pensieri di Nick Harris a pochi giorni dall'atto finale del campionato 2024 della MotoGP™, che mostra per l'ennesima volta la sua sensibilità

Questo fine settimana gli occhi e l’attenzione saranno tutti sulla gara decisiva per l’assegnazione del titolo 2024 della MotoGP™, che si svolgerà a Barcellona. Il cuore sarà però più a sud, a Valencia e alla sua gente. Spesso, si sà, lo sport consente alle persone di farsi assorbire quasi del tutto ed evitare i pensieri sulle cose non belle della vita. Ma riesce a generare anche una forza capace di unire nei momenti di dolore e tristezza, per fornire degli aiuti concreti.

Su questo fronte il motociclismo non si è mai tirato indietro e ha saputo esprimere comprensione, cura e sostegno. Il Gran Premio della Solidarietà Motul di Barcellona ne sarà un esempio. Ma lo sono stati anche i 35 anni dell’organizzazione benefica Two Wheels for Life. 

In alcuni casi la sensibilità dei motociclisti si è espressa in gesti dall’ampio significato e di grande portata. In altri, da una presenza che nella sua semplicità è riuscita a dare sollievo e speranza a delle comunità in crisi.

Ricordo ancora la prima edizione del Riders for Health Day of Champions, dietro impulso di Randy Mamola e di Andrea e Barry Colemen. Era il 1989 ed eravamo sul circuito di Brands Hatch, in Inghilterra. Nessuno, probabilmente, pensava che da quella scintilla potesse nascere un fuoco così intenso e positivo. Di lì in poi piloti e team non hanno mai smesso di sostenere le popolazioni africane. Come? Fornendo assistenza sanitaria e un servizio di trasporti in grado di salvare delle vite umane. Ribattezzata Two Wheels For life (Due ruote per la vita), è diventata l'organizzazione ufficiale di beneficenza della MotoGP™. Funziona alla grande, è in crescita e rappresenta un esempio positivo per tutti gli sport. 

Gli sforzi coinvolti, ovviamente, sono enormi. A volte ricevono grande visibilità. Altre no, specialmente quando il paddock si esprime con gesti più misurati.

Penso al 1992, quando la classe regina ha fatto tappa sul circuito di Interlagos, alla periferia di San Paolo, in Brasile. Un’esperienza, devo dire, piena di aspetti non proprio positivi. La pista non era granché per le moto, l’organizzazione era incasinata e la povertà dell’area evidente. Bastava guardare le favelas che si affacciavano sul circuito, in grado di scuotere il paddock. Così è scattata una colletta a favore di un ente di beneficenza locale. Forse è stata una goccia nell'oceano. Ma qualcosa, almeno, s’è fatto.

Mi viene in mente poi il Sudafrica, dove Valentino Rossi ha fatto visita ad alcune vittime dell’AIDS. Eravamo a Welkom, una città da 200mila persone, poverissima, nella quale c’erano solo i resti delle miniere in cui veniva estratto l’oro. La gente per strada dalla mattina presto, in cerca di un lavoro. Anche lì, la MotoGP™ ha portato un po' di speranza. Soprattutto per i giovani che hanno lavorato al circuito durante il GP, in tanti ruoli diversi. L’ultima apparizione della MotoGP™ risale al 2004, quando Rossi e Max Biaggi hanno offerto un gran duello. Poi, più nulla. Un dramma. 

Ventuno anni prima ero all'aeroporto di Johannesburg, appena sceso dall’aereo. Il campionato stava per fare tappa in una realtà in cui vigeva il regime dell'apartheid. Nei giorni successivi, ha ignorato completamente le restrizioni previste e fatto arrabbiare i responsabili che monitoravano questo aspetto. Proprio per questo, però, ha regalato un po' di gioia, speranza e persino svago.

La mia memoria va poi al 2011, quando il Gran Premio del Giappone è stato rinviato da marzo a settembre a causa di un terremoto e di uno tsunami. La principale preoccupazione riguardava la centrale nucleare di Fukushima Danichi, dalla quale si temeva una possibile fuga di radiazioni. Quando siamo arrivati per la gara, eravamo il primo evento sportivo di grande portata a svolgersi nella realtà nipponica. Ci hanno accolti alla grande, dimostrando che la nostra presenza aveva un grande valore. Una volta lì, certo, le precauzioni non sono mancate. Alcuni piloti si sono fatti la doccia con l’acqua in bottiglia, per esempio. 

Tirando le somme, dunque, il motociclismo si è sempre mosso per aiutare gli altri attraverso lo sport. Lo amiamo anche per questo. Non lo dobbiamo mai dimenticare.

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